Doing Business 2014: Sulla giustizia l’Italia procede a rilento

Il 4 Novembre è uscito il ranking 2014 di “Doing Business” che, monitorando l’economia di 185 Paesi in tutto il mondo, misura, per conto della World Bank, dov’è più facile fare impresa. Il testo basa i suoi giudizi su 10 parametri tra cui quanto è complicato aprire un’azienda, ottenere credito dalle banche, risolvere controversie contrattuali, pagare le tasse, proteggere gli investitori e risolvere le insolvenze. L’Italia in questa classifica generale ha registrato un leggero miglioramento (dal 73° posto al 65°).

Tuttavia il dato più rilevante per il nostro Paese è segnalato nel ranking “Enforcing contracts” (rispetto dei contratti), la sezione di Doing Business in cui viene analizzata l’efficienza della giustizia civile, misurando i tempi, i costi e il numero di procedure necessarie per recuperare un credito dopo un grado di giudizio e una procedura esecutiva. In quest’ambito il miglioramento appare più evidente, evidenziato dal posizionamento alla 103^ posizione (un passo in avanti rispetto alla 140^ dell’anno precedente), conseguenza di alcuni interventi organizzativi implementati negli ultimi anni:

• la riforma delle circoscrizioni giudiziarie, in particolare la definizione di nuove piante organiche degli uffici giudiziari;

• la riduzione delle parcelle degli avvocati (dal 21,8% del valore della causa stimato l’anno scorso, al 15% di quest’anno);

• la creazione del c.d. “Ufficio del processo”, un modello organizzativo, orientato alla creazione di una o più figure qualificate di assistente del giudice che possano coadiuvarlo nei processi di semplificazione e razionalizzazione delle attività (gli aiutanti sono stagisti che collaborano con gli uffici giudiziari grazie a convenzioni stipulate tra questi e le Università di giurisprudenza), che garantisce una maggiore qualità ed efficienza alla gestione delle udienze;

• l’applicazione della legge n.111 del 15 Luglio 2011 (Disposizioni per l’efficacia del sistema giudiziario e la celere definizione delle controversie) che prevede, tra i vari aspetti, l’obbligo per gli uffici giudiziari di redigere entro 31 Gennaio di ogni anno un programma per la gestione dei procedimenti civili e misure economiche incentivanti a favore degli uffici che hanno ridotto il numero dei procedimenti civili pendenti rispetto all’anno precedente;

• l’informatizzazione di alcuni servizi offerti dai tribunali, tra cui i registri informatici di cancelleria civile (fondamentali per l’implementazione del processo civile telematico), i decreti ingiuntivi telematici e le comunicazioni telematiche di cancelleria.

Tuttavia, la nostra penisola è ancora lontana dai Paesi migliori. “Più facile fare impresa in Botswana che in Italia” affermano gli economisti di Washington e il Belpaese viene addirittura dopo la Spagna della crisi (52°posto). Del resto, da noi un processo civile impegna le parti ancora per troppo tempo: mediamente la durata del processo (introduzione, giudizio e sentenza, esecuzione) è di 1185 giorni (pur in calo rispetto ai 1210 dell’anno scorso), contro gli appena 150 di Singapore, i 300 in Nuova Zelanda o in Norvegia. Quest’ultime, senza dimenticare gli Stati Uniti (4^posizione) e la Danimarca (primo paese europeo), sono economie che hanno costruito i loro successi implementando efficienti sistemi di gestione dei casi e (molte di esse) creando degli e-filing (electronic filing system) che permettono la trasmissione online delle denunce iniziali e che forniscono alla corte i documenti più rapidamente. In tal modo l’accesso al tribunale è più semplice e la qualità del servizio è maggiore.

Al di là dei “colossi” dell’efficienza giudiziaria, l’Italia ha iniziato una rimonta interessante e l’Europa lo ha notato. E’ vero, è doveroso rimanere cauti, “le classifiche internazionali devono essere prese con le pinze. Troppo spesso sono costruite su parametri scelti apposta per premiare le scelte delle proprie imprese , del proprio ateneo, del proprio Paese. […] Ma è indubbio che queste incidano pesantemente sulla nostra reputazione internazionale” precisa Gian Antonio Stella. Verso quell’Europa che incide sui sentimenti di fiducia e sfiducia del nostro Paese.